Come anticipato in un precedente articolo, che consiglio di leggere per avere una migliore percezione del contributo, il Dizionario della gente di Lozzo è ora disponibile online come file html. Si tratta di una rilevante testimonianza della parlata ladina di Lozzo di Cadore le cui implicazioni sono ovviamente estensibili, con gli opportuni distinguo, a tutte le parlate delle valli dolomitiche del Cadore ed in generale di tutta l’area ladina bellunese.

Avvertenze:

  • è fondamentale prendere atto delle regole di trascrizione fonetica adottate nella stesura del Dizionario che si trovano nell’Introduzione;
  • la sequenza delle lettere usate è:  a, b, č, d, e, f, ğ, g, i, k, l, m, n, ñ, o, p, r, s-š, t, u, v, ž;
  • la lettera h non è utilizzata e quindi bisogna dare la giusta collocazione alle coppie č-k e ğ-g;
  • bisogna fare attenzione anche alla collocazione della lettera ñ (gn):
  • ulteriori informazioni sulla resa fonetica della lingua ladina possono essere cercate alla pagina che introduce all’uso della grafia ladina unitaria;
  • i file a disposizione sono pre-formattati per la stampa in A4; la grandezza del font a video può essere maggiorata con l’utilizzo degli usuali comandi da tastiera a disposizione sui browser (per esempio “Ctrl+” in Firefox)
  • essendo file html la ricerca di testo all’interno del file è attivabile immediatamente con i comandi del browser (combinazione dei tasti “Ctrl-F” in Firefox); ovviamente la ricerca è condizionata dalle regole di trascrizione fonetica adottate e di cui ho già fatto cenno;

Elenco delle sezioni di cui si compone il Dizionario della gente di Lozzo:

  • Prefazione (prefazione del prof. Giovan Battista Pellegrini, presentazione del Sindaco, La Commissione della Biblioteca Comunale, Componenti del gruppo di lavoro, Note biografiche del prof. Elio Del Favero);
  • Introduzione (Caratteristiche della pubblicazione, Contenuto, Voci del dizionario, Trascrizione della parlata, Accenti e apostrofi, Abbreviazioni bibliografiche, Testi consultati, Fonti di informazioni e compositori di schede, Abbreviazioni utilizzate nel testo, Breve sintesi grammaticale, Coniugazione di alcuni verbi);
  • Breve selezione di termini italiano-ladino
  • Dizionario: a-, –b-, –č-, –d-, –e-, –f-, –ğ-, –g-, –i-, –k-, –l-, –m-, –n-, –ñ-, –o-, –p-, –r-, –s-š-, –t-, –u-, –v-, –ž

Schede linguistiche della vita e dei mestieri:

Credo che la tutela di qualsiasi minoranza linguistica debba appoggiarsi anche sulle testimonianze prodotte dalla vivacità della comunità in sé. Se è vero, perché purtroppo è vero, che il generale senso di identità linguistica in questa parte del territorio dolomitico è ancora labile,  è anche vero che vi è una continua e diffusa, anche se non sempre riconosciuta, produzione culturale che ha nella parlata ladina il proprio centro focale. E’ importante che vi sia un luogo in cui queste testimonianze possano essere cercate e trovate, a disposizione di tutti, non foss’altro per ricordarci che la nostra è una comunità viva anche linguisticamente.

Buona lettura e consultazione.

Danilo De Martin

copertina_dizionario

A breve l’opera sarà disponibile online sul sito dell’Union Ladina.

Un monumento alla parlata ladina di Lozzo di Cadore. Questo è il concetto che più riesce ad esprimere l’enorme quantità di impegno che è stato necessario per portare a termine il Dizionario.

Chi conosce l’argomento glottologia e l’approccio certosino con cui si costruisce ogni lavoro in questo ambito, si rende immediatamente conto degli anni di lavoro che il gruppo della Commissione Bibliotecaria di Lozzo di Cadore si è lasciato alle spalle prima di consegnarlo alla stampa.

Ma basterebbe anche solamente far riferimento alle sole “dimensioni fisiche” del lavoro: 940 pagine in formato 16,5 x 23,5 cm. Pubblicato nel 2004, si impose subito all’attenzione degli addetti ai lavori per l’approfondimento con cui ogni lemma è stato descritto.

Il libro contiene poi un ricco corredo di schede che approfondiscono varie tematiche tra cui, per citarne solamente alcune, quelle dedicate alla casa, alla fienagione, ai pascoli e malghe, alle monete e unità di misura.

Il corpo principale del testo, quello relativo ai vari lemmi, trae origine dalle note del prof. Elio Del Favero, riviste e completate dal gruppo di lavoro della Commissione Bibliotecaria, senza le quali tuttavia il lavoro non avrebbe visto la luce.

Qui di seguito ripropongo la prefazione dello scomparso prof. Giovan Battista Pellegrini, glottologo di fama internazionale, professore emerito all’Università di Padova e, per parte del padre, nostro concittadino:

Sui dialetti cadorini (esclusi il comeliano, l’oltrechiusano e l’ampezzano) il linguista nel complesso è ancora poco informato. In qualche caso, pur non mancandovi un’informazione essenziale, essi sono di proposito ignorati, specie da parte di chi si occupa di ladino con intendimenti anche politici e tali parlate sono definite per lo più “venete” (venedisch, venezianisch) da parte di studiosi che dovrebbero saperne di più. Spesso non si è capito – in particolare da parte di linguisti stranieri – che i registri dialettali della nostra regione sono fondamentalmente due, e cioè quello veneto ( o di una koinè veneta) considerato di maggior prestigio e di pratica utilità, e quello strettamente locale che si equivale a “ladino-cadorino”. E’ ovvio che la parlata autentica, perpetuatasi in loco da tanti secoli, è quella ladina, tutt’altro che spenta (anche se in parte indebolita per tante ragioni). E per indicarne le caratteristiche essenziali, secondo i ben noti parametri ascoliani e gartneriani, basterebbe sottolineare la costante presenza della palatalizzazione di –CA e –GA, vari filoni di conservazione di –S finale latino, i pronomi personali IO-TU e soprattutto il lessico. Già il Ronzon, nel suo “Almanacco Cadorino” della fine ‘800, pur non essendo un linguista, aveva notato alcune caratteristiche delle “nobili” parlate cadorine. Ne riporto il pensiero per intero

“[….] Il dialetto cadorino è un misto di etrusco, di latino, di greco, di slavo, di longobardo, di celtico-friulano, di tedesco, di francese: tutti regali che hanno fatto a noi, come all’altre parti d’Italia, quei graziosi nemici che sono venuti di quando in quando a visitarci. Unico nell’essenziale carattere è multiforme nelle desinenze e nella pronuncia, e vario tanto che quasi ogni villaggio ha un dialetto suo proprio. Esso però si può restringere a sette specie, che io chiamerò: il Comelicano, l’Auronzano, l’Oltrepiavano, il Citropiavano, l’Oltrechiusotto, il Cibianese, e l’Oltremontano. Il Comelicano si distingue per l’elisione di molte vocali e per l’agglomeramento di molte consonanti, cosa che lo fa parente del Piemontese; piena sonora n’è la pronuncia e oscura e difficile assai l’intelligenza agli stessi cadorini, che non sono Comelicani. L’Auronzano non ha, a dir vero, un carattere tanto distintivo da quello dell’Oltrepiave; pure se ne differenzia per il c dolce invece che forte, e per il t che in molte parole assume il suono greco del theta greco; per esempio per dir “là dentro” quelli dell’Oltrepiave dicono là inte, quelli d’Auronzo là inže. Il dialetto oltrepiavano ch’è quello di Vigo, Laggio, Pelòs, Pinié, Lorenzago, si distingue per i participi dei verbi della prima coniugazione in ou, ciò che lo avvicina al Genovese, come potei fare confronto. Per dialetto Citropiavano intendo quello che si parla da Lozzo fino a Termine (sic!), il quale varia da paese a paese, ha però un carattere quasi uniforme, e più s’avvicina al veneto comune e perciò a parer mio, è meno caratteristico. Il dialetto Oltrechiusotto ha molte desinenze in s, tanto che lo si rassomiglia al friulano e allo spagnuolo, che poi hanno un ceppo comune, il latino. Oltre al Boite abbiamo il dialetto Cibianese, che si distingue per la forte pronuncia dell’erre; esso ha dello Zoldano e dell’Oltrechiusotto; così l’Oltremontano, cioè quello di Zoppè, Selva e Pescul.”


Ho riscritto il giudizio impressionistico del nostro studioso cadorino che ebbe tanti meriti, ma che ovviamente non aveva sufficienti cognizioni per scrivere di dialettologia scientifica; esso tuttavia ci fornisce un quadro generale di una classificazione dei dialetti cadorini e ci indica, con approssimazione, i tratti fonetici che colpivano una persona colta, ma sprovvista di conoscenze glottologiche specifiche e pertanto le sue osservazioni sono insufficienti. Mancano pertanto i richiami ad una bibliografia specialistica, che ebbe in G.I. Ascoli (vedi i Saggi ladini del 1873) l’iniziatore di tali studi, seguito, almeno in parte, dal nostro Maestro Prof. Carlo Tagliavini e dalla sua scuola (le tesi di laurea su dialetti cadorini sono assai numerose). Ora possiamo finalmente disporre anche per Lozzo della buona raccolta lessicale del prof. Elio Del Favero, morto alcuni anni orsono, che è stata ampliata e corredata di espressioni più contestualizzate e di disegni etnografici, da parte della Commissione Bibliotecaria di Lozzo. Oltre alla cultura, egli ha messo a profitto la sua vasta conoscenza del dialetto che possedeva pienamente, come parlante nativo. I suoi lemmi ci permettono ulteriori deduzioni sulla collocazione del dialetto nell’ambito del gruppo “ladino” (o “retoromanzo”, secondo una concezione che in buona parte è ancora assai valida).


Giovan Battista Pellegrini



Dalla prefazione del prof. Giovan Battista Pellegrini passo a ciò che è stato anticipato in apertura di articolo:  credo che entro la fine di questo mese sarà possibile avere finalmente online, a beneficio di tutta la comunità ladina in primis, ma a disposizione di ogni interessato, il contenuto de “Il Dizionario della gente di Lozzo“, un atto d’amore verso la propria terra che aspettava da tempo di essere orgogliosamente condiviso.

Danilo De Martin

(il contenuto è stato messo online il 23 febbraio 2009 ed è raggiungibile seguendo il link al Dizionario della gente di Lozzo)

copertina libretto progetto Raffaello 1999Potrebbe sembrare una rievocazione storica a distanza di 10 anni: se lo fosse, non sarebbe certo un problema, ma in realtà la mia intenzione è quella di mettere online il lavoro prodotto durante la realizzazione del progetto Raffaello.

Sono stata interessata in prima persona nella definizione del progetto e quindi ne avevo, come ne ho tuttora, a cuore le sorti; parto dalla semplice constatazione che il nostro compito è quello di produrre cultura legata al territorio, finalità condivise dal progetto Raffaello.

Il materiale lincato è stato prodotto tra il 1999 ed il 2000 e, oggi come oggi, può essere giudicato graficamente spartano, oltre a presentare una interfaccia per la navigazione non proprio lineare.

Tuttavia i contenuti esposti, certamente di buon valore, illustrano vicende di archeologia industriale che, oltre ad essere di per sé degne di nota, è importante che siano rese pubbliche e quindi fruibili.

L’immagine qui a fianco rappresenta la copertina del libretto e CD pubblicato a compimento del progetto Raffaello: il titolo ben evidente è WAVE, composto dalle iniziali di Water, Acqua, Voda ed Eau, i nomi dell’elemento acqua rispettivamente in lingua inglese, italiana, slovena e francese…

Il progetto Raffaello, promosso dalla Unione Europea tra il 1998 ed il 2000, aveva come obiettivi generali:

  • – la conservazione e lo sviluppo dell’eredità culturale dell’Europa
  • – lo scambio di esperienze e informazioni tecniche
  • – l’accesso al pubblico, la partecipazione e la consapevolezza dell’ eredità comune

La sezione progettuale che ci ha interessato, riguardante i mulini pre-industriali in Europa, che è stata coordinata nelle sue fasi attuative dalla Comunità Montana Centro Cadore, aveva come obiettivi primari:

  • restaurare quattro mulini ad acqua e il loro ambiente naturale in Francia, Inghilterra, Italia e Slovenia
  • collegare i mulini confrontando le esperienze tecniche e le conoscenze utilizzando le nuove tecnologie come Internet
  • conservare il “saper fare” relativo al mulini ad acqua nell’Europa pre-industriale

Il lavoro è stato posto online senza l’appesantimento di alcuni video presenti in origine, dei quali peraltro non si avverte la mancanza, inseriti a supporto di alcune descrizioni naturalistiche che, ribadisco, risultano comunque esaustive. Vi propongo due soluzioni per visualizzare il lavoro:

Non mi resta che augurarvi una buona navigazione.

Francesca Larese Filon

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L fol de Loze   4 Gennaio 2009

Particolar dela domanda de concession par fei l fol - an 1885

Particolar dela domanda de concession fata dai fardiei "Da Pra Grandelis di Lorenzo" par podé fei su l fol, presentada l 9 febraro del 1885

“Ades la conpron magare n Pusteria, ma n ota la faseone noi a Loze, ntel fol de la lana che se ciatea apena de sote l mulin de i Pinza. Ades no é pì la ciasuta, ma chi che é nasseste poco daspò i ane ’30 i se pensa de cuan che se dea a dugà visin al fol.

Era sta ciasuta e l fol l vegnia fato laurà da l aga del Rin che, de longo la ruoia,  fasea girà la so roda. La concession pal sfrutamento de l aga l é del 1885. La dente portea le peze de lana e là se dorea le scorze de i rame pa ncolorì la lana de verdo e se batea i toche de lana nte l aga che cuosea par feila vegnì cuota.

Par ane la dente girea co le giache verde scure fate a Loze, che tegnià tanto ciaudo. Chi che avea le fede le tondia, daspò nte ogni ciasa la dente era bona de filà la lana e de dorala par fei ciauze, barete, maioi. Chi che volea la podea portà al fol par fei giache da vestise pì pesante, che protegea meo dal fredo.

Fin ntel dopo guera se vedea ncora le giache fate ca a Loze ma daspò, col benesere, ste giache le é sparide.”

Ades n progeto pa la valorisazion de la vita de n ota, coordinou dala Union Ladina del Cadore de Medo, parmetarà a dute, con l uso de paniei  nformative, de savé algo de pì su pal fol de Loze e su come vegnia laurada la lana.

Francesca Larese Filon

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