Dizionario della gente di Lozzo - La parlata ladina di Lozzo di Cadore

dalle note del prof. Elio del Favero  - a cura della Commissione della Biblioteca Comunale

prefazione del prof. Giovan Battista Pellegrini  

 

Comune di Lozzo di Cadore - il seguente contenuto, relativo all’edizione 2004 del Dizionario,  è posto online con licenza Creative Commons attribuzione - non commerciale - non opere derivate 2.5 Italia, il cui testo integrale è consultabile all’indirizzo http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.5/it/legalcode. Adattamento dei testi per la messa online di Danilo De Martin per l’Union Ladina del Cadore de Medo. Per ulteriori approfondimenti è a disposizione la home page del progetto “Dizionario della gente di Lozzo” alla quale si deve fare riferimento per le regole di trascrizione fonetica utilizzate in questo progetto. Il presente file è pre-formattato per la stampa in A4.

-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

 

 

gabàn sm. (inv.) cappotto, gabbana. Tìra su l gabàn ke e frédo mettiti il cappotto perché fa freddo.

 

gabàna sf. (inv.) fortuna. L a čatòu la gabàna a maridàse sposandosi ha trovato la fortuna.

 

gabión sm. (pl. gabiói) gabbione per contenere sassi. L me a dìto ke l Rin é dù fòra su da la Manadóira e ke okóre portà su dói gabiói mi ha detto che il Rin è straripato nei pressi della Manadóira perciò bisogna portare lì due gabbioni di sassi.

 

gabiòto sm. (pl. gabiòte) stanza piccola e angusta, ripostiglio, legnaia. Késta no e na kànbra, e n gabiòto questa non è una camera, è solo un ripostiglio.

 

gàia da nośèle sf. (pl. gàie da nośèle) nocciolaia (zool. Nucifraga caryocatactes). La nocciolaia è un uccello bruno con macchiette bianche e sottocoda bianco, il suo volo è simile a quello della ghiandaia con la quale spesso vola in gruppetto. Si nutre di nocciole, con il becco le fora e ne mangia il contenuto. Loc. sóte sto nośolèi e pasòu la gàia è inutile cercare nocciole perché le ha mangiate la gàia; si usa l'espressione e pasòu la gàia è passata la nocciolaia, quando, giunti in ritardo ad un ricevimento, il banchetto è ormai quasi vuoto Fòra pai Brustolàde èi vedù le gàie ke mañèa nośèle in località Brustolàde ho visto le nocciolaie che mangiavano le nocciole.

 

gàia da sórgo sf. (pl. gàie da sórgo) ghiandaia (Garrulus glandarius). Uccello dalle piume molto belle, ha la testa di color giallo e ha le ali blu e rosse. Si nutre di granoturco, di semi di abete e di bacche. Poiché inoltre il canto della gàia è stridulo e acuto, si dice gàia una persona che urla troppo.

 

gaià vb. intr. (gaiéo; gaièo; gaiòu) urlare, gridare, sbraitare. No sta gaià par nùia non urlare per nulla.

 

gaiàrdo agg. (pl. gaiàrde, f. gaiàrda) gagliardo, robusto. L e vèčo, ma l e nkóra gaiàrdo è vecchio ma è ancora gagliardo.

 

gàina sf. (pl. gàine) stalla con fienile annesso. Daveśìn čàśa avón la gàina e l pulinèi vicino casa abbiamo la stalla con il fienile e il pollaio.

 

galantòn sm. (pl. galantòmin) galantuomo, persona leale e fidata. Te sés sènpre stòu n galantòn sei sempre stato un galantuomo.

 

galinèl sm. (pl. galiniéi) gheppio (zool. Falco tinninculus), sparviere (zool. Falco nisus). Vengono comunemente chiamati galiniéi diversi tipi di rapaci; a Lozzo si vedono volare sia il gheppio che lo sparviere che vengono però chiamati allo stesso modo. Al galinèl žìga, l piovarà il gheppio stride, perciò pioverà. Si riteneva infatti che quando il gheppio o la poiana emettevano il loro verso acuto, la pioggia fosse imminente.

 

galiòta sf. (pl. galiòte) carrettino a due ruote da trainare a mano. Sulla galiòta gli stradini caricavano la ghiaia da spargere sulle strade sconnesse e gelate.

 

galiòto sm. (pl. galiòte) galeotto, furbacchione. Tó fiól e n galiòto tuo figlio è un monellaccio.

 

galón sm. (pl. galói) coscia, anca. Èi mal nti galói ho male alle cosce; la parte pì bòna de la pìta é l galón la parte migliore del pollo è la coscia (v. ànča).

 

gamèla sf. (pl. gamèle) pentolino, gavetta, bacinella di metallo. Nprésteme na gamèla de farìna ke èi da fèi polènta prestami una bacinella di farina perché devo fare la polenta. Per esteso gamèla sta a indicare qualsiasi recipiente metallico per contenere liquidi e altro. Dài dóe gamèle de véna dagli due contenitori di avena.

 

gamèla sf. (pl. gamèle) testa. Dàle do pa la gamèla o čapàle dó pa la gamèla dare le botte, picchiare sulla testa oppure prenderle sulla testa (v. čòu).

 

ganàsa sf. (pl. ganàse) mandibola, ganascia. Va là ke te ses na bòna ganàsa va là che sei una buona mandibola, detto a un mangione; le ganàse de la śmòrsa le ganasce della morsa.

 

gànba sf. (pl. gànbe) gamba. Solo nella loc. te ses n gànba sei in gamba (v. ğànba).

 

ganbàl sm. (pl. ganbài) gambale. Béte su i ganbài e va a časpedà l néve infilati i gambali e va' a calpestare la neve; mentre i ganbài erano di cuoio, i čaužói erano di mezzalana (v. čaužón).

 

ganbaròla sf. (pl. ganbaròle) calzerotto senza piede. Fèise n pèi de ganbaròle confezionarsi un paio di calzerotti.

 

garantì vb. trans. (garantìso; garantìo; garantìu) garantire, assicurare. Garantìso ió par mè fiól garantisco io per mio figlio; te garantìso ke la é dùda kosì ti assicuro che è andata proprio così.

 

garbà vb. intr. (gàrbo; garbèo; garbòu) garbare, piacere. Sta ròba pròpio no me gàrba questa cosa proprio non mi piace; ke te gàrbe o no te gàrbe, te kóñe fèi kosì che ti piaccia o no, devi far così.

 

gàrbo agg. (pl. gàrbe, f. gàrba) aspro, acidulo, acerbo. Sti póme e nkóra gàrbe queste mele sono ancora acerbe; siénte ke gàrba ke e sta ùa senti com'è acidula quest'uva; dim. garbìn, sta ùa sa da garbìn questa uva ha un sapore acidulo.

 

gardà vb. trans. (gàrdo; gardèo; gardòu) cardare. Con l'operazione della cardatura, le fibre vengono districate e liberate dalle impurità. Gardà la làna, gardà la stópa cardare la lana, cardare la stoppa.

 

gardèla sf. (pl. gardèle) graticola. Èi kuośésto le lugànege su la gardèla ho arrostito le salcicce sulla graticola; veniva chiamava gardèla anche l'enorme graticola fatta di stanghe che sostituiva il piano del carro, quando si doveva trasportare fieno leggero e asciutto e quindi voluminoso. Ğavón dó l tavolàžo e betón su l čàr la gardèla ke domàn avón da dì a čareà fién togliamo il pianale e sostituiamolo con la gardèla perché domani dobbiamo andare a caricare il fieno; la gardèla del gàtol la grata della fogna (v. tavolàžo).

 

gardelìn sm. (inv.) cardellino (zool. Carduelis carduelis). Te čànte kóme n gardelìn canti bene come un cardellino; fig. te ses kóme n gardelìn corri, sbrighi le tue faccende in fretta, sei vispo, allegro, operoso come un uccellino; mañà kóme n gardelìn mangiare poco.

 

gardìž sm. (solo sing.) matassa ingarbugliata. Sta àža de làna e dùta n gardìž questa matassa di lana è tutta ingarbugliata.

 

gardìž sm. (inv.) graticcio. Struttura della parete divisoria o di soffitto costruito con listelli intrecciati di legno, paglia e malta. Adès tirón dó la paredàna de gardìž e la farón su de matói adesso demoliamo la parete di graticcio e la rifacciamo di mattoni.

 

gardón sm. (pl. gardói) garzone, apprendista. Ñante gardón e daspò mìstro prima bisogna fare il garzone, solo dopo si potrà essere artigiano.

 

gardonàdo sm. (pl. gardonàde) apprendistato. Prov. al gardonàdo e kóme la krósta del pàn: pì l e dùro e pì l e bón l'apprendistato è come la crosta del pane: più è duro più risulta utile.

 

gargài sm. (inv.) gorgoglìo prodotto dal catarro in gola, canto, tono di voce forte e sguaiato. Siénte ke gargài senti che gorgoglìo.

 

gargaià vb. intr. (gargaiéo; gargaièo; gargaiòu) scatarrare, far gargarismi, gorgogliare, schiarirsi la gola. Parkè gargaiéesto tanto? come mai scatarri così tanto?

 

gargàtol sm. (pl. gargàtoi) gola, esofago. Do par kel gargàtol pàsa de dùto attraverso quella gola passa di tutto, detto di una persona che mangia di tutto e in continuazione; loc. ke gargàtol! che razza di vocione, che mangione.

 

garmàl sm. (pl. garmài) grembiule, fig. grembiulata. Al čantón del garmàl la cocca del grembiule; a la féda bàsta ke te i dàe n garmàl de fién ad una pecora è sufficiente dare una grembiulata di fieno; fig. l a l garmàl àuto è incinta; prov. čapèl vèčo garmàl nuóu è bene che l'uomo arrivi al matrimonio con qualche esperienza mentre la donna dovrebbe mantenersi vergine.

 

garnèl sm. (pl. garniéi) granello, chicco, seme. I garniéi de sórgo i chicchi di granoturco; kuóśeme dói garniéi preparami un po' di pop-corn; menèstra de garniéi minestra di fagioli e chicchi di granoturco; per prepararla era necessario tenere a bagno sia i fagioli che i chicchi, e poi cuocerli a lungo in acqua condita con sale e soffritto; èi čatòu n lugerìn kón garnèl nte bóča ho trovato un lucherino con un grano nel becco.

 

garòfol sm. (pl. garòfin) garofano. Sia il fiore che la spezia. Vàrda ke biéi garòfin ke te as sul pòdo che bei garofani hai sul poggiolo; nte l tòčo, parkè l sàpie da àlgo, bisòña béte doe, tre bròke de garòfol perché lo spezzatino acquisti un buon aroma, bisogna aggiungere alcuni chiodi di garofano; le patàte a fàto dùto n garòfol l'espressione sta a indicare le patate che, cuocendo, si aprono e assomigliano ad un fiore di garofano; garòfol da prà (pl. garòfui da prà) garofano cinese (v. bròka).

 

garsón sm. (inv.) ragazzo, giovinetto. Voce di chiara derivazione francese. L a i čavéi a la garsón ha i capelli alla maschietto.

 

gartón, gratón sm. (pl. gartói) carretto a due ruote munito di stanghe. Tòle su l gartón, e don a kanbiài la ròda prendi il carretto a due ruote a andiamo a cambiargli la ruota (v. galiòta, biròč).

 

garž, gàrdin sm. (inv.) pettine per la lana, scardasso. Lo strumento è costituito da una tavoletta irta di punte uncinate che serve per pettinare e raffinare la lana. Petenà la làna kol gàrdin cardare la lana con lo scardasso; tòle i garž e gardéa n tin de làna prendi i garž e pettina la lana.

 

gàśio sm. (pl. gàśie) imbastitura. Ñànte de kośì, okóre fèi l gàśio prima di cucire occorre fare l'imbastitura (v. ngaśià).

 

gàtol sm. (pl. gàtoi) tombino, canaletta di scolo. I tombini erano chiusi da una grata e venivano fatti per raccogliere le acque di scolo delle strade proteggendole così dall'erosione della pioggia. Le lavadùre te puós bičàle dó pal gàtol la sciacquatura dei piatti puoi buttarla nel tombino; d invèrno i gàtoi se ğàža d'inverno le canalette di scolo gelano (v. gèbo).

 

gèba agg. (pl. gèbe) mascalzone. Te ses na gèba sei davvero un malandrino.

 

gèbo sm. (pl. gèbe) chiavica, tombino a cielo aperto. Tomà nte gèbo cadere proprio in basso, in senso morale (v. gàtol).

 

gènga sf. (pl. gènge) ghenga, combriccola. De là, ke se na bèla gènga dai, che siete proprio una bella combriccola.

 

genpodé, ginpodé vb. intr. (genpuói, ginpuói; génpodèo, ginpodèo; genpodésto, ginpodésto) avere colpa. Il verbo viene usato soprattutto nella forma negativa. Ki genpuó se sužiéde ste ròbe? Di chi è la colpa se succedono queste cose?; no ginpodé non aver colpa; ió no ginpuói se te ses tomòu io non ho colpa se tu sei caduto; ió no èi ginpodésto io non ho avuto nessuna colpa.

 

gèra, gèro, agg. partitivo (pl. gère) un poco. Dàme na gèra de pàn dammi un po' di pane; stao n gèro mèo sto un po' meglio; n gèro, na gèra è uno dei diversi modi per costruire il partitivo.

 

gerenìn, gerenìna, agg. partitivo (inv., f. pl. gerenìne) un pochino. Gerenìn e gerenìna sono i diminutivi di gèro e gèra; dàme n gerenìn de pàn dammi un pochino di pane; stào na gerenìna mèo sto un pochino meglio (v. gèra, gèro).

 

gès agg. (pl. gès, f. gèśa, pl. gèśe) stupido, sciocco, pagliaccio. Fèi l gès fare lo stupido; no sta fèi l gès non fare lo stupido, comportati seriamente.

 

gìña sf. (pl. giñe) ghigno, brutta faccia. La a na giña ke no me piàśe nùia ha una faccia che non mi piace per niente; ma kè àsto kon kéla brùta gìña? perché hai quella brutta faccia?

 

giñà vb. intr. (giño; giñèo; giñòu) ghignare, fare la faccia brutta. Parkè gìñesto kośì? perché ghigni a quel modo?

 

gìrba sf. (solo sing.) vita. Termine in uso soprattutto negli ambienti militari. Lasà la gìrba lasciare la ghirba, morire. Salvà la gìrba, portà la gìrba a čàśa salvarsi, sopravvivere alla guerra; se te vas su pa le kròde te làse la gìrba se scali le montagne, rischi la vita.

 

glòria sf. (pl. glòrie) gloria. Òñi glòria dura póčo i momenti piacevoli passano in fretta; al sàbo sànto, kuàn ke l kuràto čànta l glòria, le čanpàne le tórna sonà il sabato santo, quando il parroco intona il Gloria, le campane suoneranno di nuovo. Durante la settimana santa, dal giovedì al sabato, secondo la tradizione viene infatti interrotto il suono delle campane; òñi salmo rùa n glòria ogni racconto, ogni situazione ha una sua conclusione.

 

goà vb. intr. (góo; goèo; goòu) nuotare. Nkuói vado a goà n tìn dó da la Piàve oggi vado a nuotare nell'acqua del Piave; no sta dì a goà daspò disnà parkè te čàpe mal non andare a nuotare dopo mangiato, perché rischi di prendere un malore.

 

goàda sf. (pl. goàde) nuotata. Me èi fàto pròpio na bèla goàda ho fatto davvero una bella nuotata.

 

gòba sf. (pl. gòbe) gobba, per estensione schiena. L a fàto la gòba a fòrža de laurà è diventato gobbo a furia di lavorare; se te vós mañà, okóre piegà la gòba se vuoi mangiare devi piegare la schiena, devi cioè lavorare; kél là a sènpre vu la gòba dréta quello ha sempre avuto poca voglia di lavorare; prov. e pì fàžil véde la gòba de kiàutre ke la sóa è più facile vedere la gobba degli altri che la propria, è cioè più facile accorgersi dei difetti degli altri che dei propri.

 

gòbo agg. (pl. gòbe, f. gòba) gobbo. Sé no te stàs pì atènti, te fàžo dì vìa gòbo se non fai più attenzione, ti dò un sacco di legnate da farti camminare curvo.

 

gòde, gòdese vb. trans. e intr. (gòdo; godèo; godésto, godù) divertirsi, fig. avere in usufrutto. Gòdete n tìn sta pas goditi un po' questa pace; fìnke son vìu, la me ròba me la gòdo ió finché sono vivo godo io dei miei averi; la màre gòde la čàśa e mè suó i čànpe e i bóske la mamma ha in usufrutto la casa, mia sorella, i campi e i boschi; gòdesela spassarsela; tu te te la sés sènpre godùda tu te la sei sempre spassata; prov. okóre gòde fìnke se puó, parkè e sènpre tènpo par patì bisogna godere finché si può, perché c'è sempre tempo per soffrire; gòdese de l mal de ki àutre gioire della sofferenza altrui.

 

góla sf. (pl. góle) voglia, gola, golosità. Èi góla de dóe lugànege ho voglia di mangiare due salsicce; kéla se fa góla de dùto quella desidera tutto ciò che vede; èi góla de védete ho voglia di vederti; ste žópe me fa pròpio góla queste žópe mi fanno davvero voglia; prov. e la góla ke ména n malóra è l'eccesso di desiderio che conduce alla rovina (v. ansània, nsània).

 

golós agg. (pl. golóśe, f. golóśa) goloso, desideroso. Son golós de dùta la ròba dólže sono goloso di tutto ciò che è dolce; son golós de véde tó màre sono desideroso di vedere tua madre.

 

golośarìa sf. (pl. golośarìe) dolciumi, capricci, cose desiderate ma spesso inutili. No èi skèi par konprà golośarìe non ho soldi per acquistare cose inutili.

 

góma sf. (pl. góme) gomma, tubo di gomma. Péa de góma palla di gomma; góma da deskančelà gomma per cancellare; góma de la bičikléta copertone e camera d'aria della bicicletta; la góma par tirà l vin il tubo di gomma per spillare il vino.

 

gomitòrio sm. (inv.) emetico. Tòlese n gomitòrio bere un emetico per provocare il vomito.

 

górgo sm. (pl. górge) gorgo, vortice. Se te ntìve n górgo, l àga te tìra sóte se trovi un vortice, l'acqua ti tira giù.

 

górna sf. (pl. górne) grondaia. La górna e róta, okóre kanbiàla la grondaia si è rotta, bisogna sostituirla; fig. te ses na górna bevi in modo esagerato.

 

gortèl sm. (pl. gortiéi) coltello. L a tolésto su l gortèl e l a kopòu l kùčo ha afferrato il coltello e ha ucciso il maiale; ràža da gortèl razza da coltello, gente abituata a litigare.

 

gortelà vb. trans. (gorteléo, gortelèo, gortelòu) uccidere a coltellate. Gortelà l kùčo uccidere il maiale (v. deśgorteà).

 

gortelàda sf. (pl. gortelàde) coltellata. Ko na gortelàda l a kopòu l kùčo con una sola coltellata, ha ucciso il maiale; fig. òñi despiažér e par me kóme na gortelàda ogni dispiacere per me è come una coltellata.

 

gortelìna sf. (pl. gortelìne) coltello a lama lunga. Ha una lama un po' flessibile, con la punta tonda e adatta per affettare ossocollo, salame, pane. Gùž a kéla gortelìna ke la tàia póčo affila quel coltello perché taglia poco.

 

gòs sm. (solo sing.) gozzo. Solo nell' espressione èi n gòs non ne posso proprio più, ho una rabbia (v. gòśo).

 

gòśa sf. (pl. gòśe) gozzo. L a na gòśa ke fa pàura ha un gozzo che fa spavento.

 

gośèi agg. (pl. gośèi, f. gośèra, pl. gośère) gozzuto. E na faméa de gośèi è una famiglia di gozzuti.

 

gòśo, gòs sm. (inv.) rabbia. No sta fèime veñì l gòśo non farmi arrabbiare; èi n gòśo kon dùte non ne posso più di tutti; kon kel la èi n gòs ho del rancore con quell'uomo (v. gòs).

 

gòta, gòt sf. (solo sing.) nulla. Loc. no kapì na gòta non capire un bel niente; no fèi na gòta poltrire; no te kapìse n gòt non capisci nulla.

 

goteśìn sm. (inv.) bicchierino. E na ğažèra, pàra do sto goteśìn de sñàpa fa freddo, bevi questo bicchierino di grappa (v. bičerìn).

 

gòto sm. (pl. gòte) bicchiere. Solitamente si intende un bicchiere di vino. Bevónse n gòto beviamoci un bicchiere di vino; kè élo pì bón de polènta, formài e n bón gòto de vìn? cosa c'è di più buono della polenta con il formaggio e un buon bicchiere di vino?; dim. goteśìn (v. bičér).

 

Gòto sm. (nome) soprannome di famiglia.

 

góž sm. (inv.) goccio, goccino. Il termine viene usato per fare il partitivo delle sostanze liquide. Dame n góž de àga dammi un po' d'acqua (v. ğóž).

 

góža sf. (pl. góže) goccia, un pochino. Èi bevù na góža de kafè ho bevuto un po' di caffè; bastaràe ke veñése do sólo dóe góže basterebbe che piovesse solo un pochino; prov. la góža śbùśa ànke le père la caduta continua dell'acqua può bucare addirittura un sasso oppure la góža fa la pèra lìsa la goccia rende liscio il sasso. Prov. fa pì na góža de miél ke n barì de aśé con un po' di dolcezza si ottiene molto di più che con eccessiva severità (v. ğóža).

 

gožà vb. intr. (góžo; gožèo; gožòu) gocciolare a grandi gocce, sgocciolare. Siénte kóme ke l góža senti come sgocciola; te ses pròpio n tośatàto, te as gožòu l làte de lòngo l vestì sei proprio un ragazzaccio, hai lasciato gocciolare il latte lungo tutto il vestito (v. gožolà).

 

gožolà vb. imp. (gožoléa; gožolèa; gožolòu) gocciolare a gocce rade, piovigginare. Gožoléa, don a fèi su kogolùže comincia a piovere, andiamo a raccogliere il fieno in covoni (v. gožà).

 

gožùta sf. (inv.) goccetta. È il diminutivo di góža. Dàme na gožùta de vìn dammi un goccetto di vino (v. ğožùta).

 

grafìn sm. (inv.) graffietto, attrezzo da falegname. L'attrezzo veniva usato per tracciare il punto in cui si doveva tagliare. Tòle l grafìn e seña kela bréa ke daspò la seón prendi quel graffietto e segna la distanza da tagliare su quella tavola.

 

gramaržé sf. (solo pl.) grazie, molte grazie. Gramaržé, nène, par dùto kel ke avé fàto par me e par me fiól grazie zia per tutto quello che avete fatto per me e mio figlio.

 

graméña sf. (inv.) gramigna (bot. Agropyrum repens), erbaccia in genere, fig. gentaglia. Sto čampàto é pién de graméña questo campo è sempre coperto di erbacce.

 

gràmo sm. (pl. gràme) grammo, un pochino. N gràmo de òro, de ardènto un grammo d'oro, di argento.

 

gràmo  agg. (pl. gràme, f. gràma) poveretto, gramo, pentito, rammaricato. Puóro gràmo povero disgraziato; me són čamòu gràmo mi sono pentito di quello che ho fatto; son gràmo de èse partìu mi pento di essere partito; te ses n puóro gràmo sei un poveretto; loc. son gràmo mìle mòrte mi dispiace moltissimo; prov. gràme i tènpe ke sararón guarnàde da òmin žènža bàrba saranno duri i tempi in cui saremo governati da uomini senza autorità.

 

gràmola sf. (pl. gràmole) gramola, fig. mascella, mandibola. La gramola è lo strumento usato per separare le fibre tessili della canapa e del lino; è chiamato gràmola anche l'arnese usato per impastare il pane. Gràmola del kànego la gramola per la canapa; fig. va là fiol ke te as na bèla gràmola va là figliolo, che hai sempre appetito.

 

gramolà vb. trans. (gramoléo; gramolèo; gramolòu) gramolare, fig. mangiare con avidità. Èra n bèl vede kuàn ke la nòna gramolèa era proprio uno spettacolo vedere la nonna mangiare; gramoléa, gramoléa fiol mè, se te vos deventà gràn e dì a kopà l órse mangia mangia, figlio mio, se vuoi diventare grande e andare a caccia di orsi.

 

gramolère sf. (inv.) orecchioni (parotite). Èi le gramolère e no vàdo a skòla ho gli orecchioni e quindi non vado a scuola.

 

gràn agg. (pl. grànde, f. grànda) grande, largo, spazioso. Al tò čànpo e pì gràn de la me vàra il tuo campo è più grande del mio prato; te sés bèlo gràn ormai sei diventato grande; la kànbra no é màsa grànda par ki tośàte la camera non è poi troppo spaziosa per quei bambini; Mésa grànda Messa solenne; fèi a la grànda comportarsi da gran signore, spendere tutto il denaro; i grànde gli adulti; i grànde a pì speriènža de te gli adulti hanno più esperienza di te; vezz. grandùto grandicello.

 

grandeğón agg. (pl. grandeğói, f. grandeğóna, pl. grandeğóne) superbo, altezzoso. L e nasù nte na faméa de grandeğói è nato in una famiglia di superbi, di altezzosi; grandeğón ke no te ses àutro sei proprio un altezzoso.

 

Grandelìs sm. (nome) cognome e soprannome di famiglia.

 

grandéža sf. (pl. grandéže) superbia, ostentazione, esagerazione. Là e solo grandéža e nùia àutro lì c'è solo ostentazione e niente altro; kè élo dùte sté grandéže? come mai tutto questo sperperare?

 

granèla sf. (pl. granèle) ghiaia sottile, mucchio di granellini o di semi. Veniva detta granèla anche l'insieme di sassolini di diversi colori che, mescolati al cemento, venivano usati per fare il pavimento delle case. Dài n tìn de granèla a kél aužèl, se no te vós ke l muóre dai un po' di semi a quell'uccello se non vuoi che muoia.

 

grànfol sm. (pl. grànfoi) crampo. Me vién despés l grànfol nte sta ğànba spesso mi viene un crampo a questa gamba.

 

gràno sm. (pl. gràne) chicco. N gràno de sàl un po' di sale.

 

grapà vb. intr. (grapéo; grapèo; grapòu) zappettare. Domàn dón a grapà domani andiamo a zappettare (v. saputà).

 

gràs agg. (pl. gràs, f. gràsa, pl. gràse) grasso. Kél tośàto e màsa gràs pa i so àne quel bambino è troppo grasso per la sua età; duóiba gràsa giovedì grasso; prov. guai lamentàse del bró gràs guai lamentarsi del buon tenore di vita, potrebbe capitare di peggio; gras kóme n kùčo grasso come un maiale; l vèndre no se podèa mañà da gràs il venerdì era imposta l'astinenza dalle carni.

 

gràs  sm. (inv.) grasso, strutto, sego. Gràs de poržèl grasso di maiale; par fèi veñì bón l damañà okóre ardónde n tin de gràs de poržèl per dar gusto alle pietanze, bisogna aggiungerci un po' di strutto (v. séu, saìme).

 

gràsa sf. (inv.) letame, concime. Kórte de gràsa letamaio; portà fòra gràsa pulire la stalla dal letame, il letame veniva poi trasportato con la carriola o con la žuliéra nel letamaio che si trovava poco lontano dalla stalla. Menà gràsa portare il letame nei campi e nei prati; per il trasporto del letame si utilizzava la slitta, se era inverno, o il carretto nelle altre stagioni. In molti casi si arrivava solo nelle vicinanze del fondo da concimare per cui si completava l'operazione caricando il letame sulla gerla, in ogni famiglia ce n'era una che veniva utilizzata esclusivamente a tale scopo. Spànde gràsa spargere il letame; per distribuire con più facilità il letame nei campi o nei prati in campagna si approfittava dei giorni di pioggia.

 

gràsola sf. (inv.) spinacio di monte (bot. Centurea scabiosa). La gràsola se la dòra par fèi dóta la gràsola si usa per fare una miscela di erbe cotte.

 

gratà vb. trans. (gràto; gratèo; gratòu) grattare, raschiare, rubare. Mañà, ma no stà gratà mangia pure, ma non rubare; al se gràta de kontìnuo si gratta sempre; graté via le króste de la polènta raschiate, togliete le croste della polenta dal paiolo.

 

grataròla sf. (pl. grataròle) grattugia. Va a me tòle ntin la grataròla nte kardènža vai un po' a prendermi la grattugia dalla credenza.

 

gratolà vb. trans. (gratoléo; gratolèo; gratolòu) grattugiare. Gratoléa n tìn de puìna da béte sui ñòke grattugia un po' di ricotta affumicata da spargere sugli gnocchi (v. gratà).

 

gràusa sf. (inv.) raucedine. Èi čapòu la gràusa ho la raucedine (v. serài).

 

gravà vb. intr. (gràvo; gravèo; gravòu) gravare, pesare. Dùto gràva su de me tutto il peso della famiglia cade sulle mie spalle.

 

gràva sf. (pl. gràve) ghiaione. Se fa na fadìa móstra a di su pa le gràve ci si stanca moltissimo a risalire i ghiaioni.

 

Gràva Biànka sf. (top.) ripido cono di ghiaie detritiche nei pressi di Pian dei Buoi. Il cono di ghiaie scende dalla forcella a nord della Torre di S. Lorenzo, poco sotto il Piàn de Paradìs, fino a raggiungere e ad oltrepassare il sentiero che da Kaśèra Valdažéne porta in Pomadòna.

 

gravèi sm. (inv.) deposito per patate. È l'angolo asciutto e buio della cantina dove si conservano le patate durante l'inverno. Èi ğenpìu l gravèi de patàte apéna ğavàde ho riempito il gravèi di patate appena raccolte.

 

gravós agg. (pl. gravóśe, f. gravóśa) gravoso, pesante. Sto déi e bèlo asèi gravós par me questa gerla è già abbastanza pesante per spalle come le mie; vàrda ke e n laóro gravós guarda che si tratta di un lavoro pesante.

 

gràžia sf. (pl. gràžie) grazia, fortuna, educazione. E stòu na gràžia de la Madòna è stata una grazia della Madonna; e pròpio na gràžia è proprio una fortuna; l e pién de bòna gràžia è molto educato; le màle gràžie atti di cattiva educazione: fèi male gràžie fare dispetti, arrecare dispiaceri; de gràžia o dèogràžia per fortuna; de gràžia ke me a idòu l pàre per fortuna mi ha aiutato mio padre; loc. no valé, no fèi, no kapì na gràžia de Dio non valere, non fare, non capire assolutamente nulla; n gràžia de l pàre grazie a mio padre (v. bònagràžia, màlagràžia).

 

gràžie avv. grazie. Gràžie a dùte grazie a tutti; gražie a tì, ànke ó èi podésto partì per merito tuo, anch'io son potuto partire; gràžie, ke pačakón accidenti, che razza di pasticcione.

 

gražiós agg. (pl. gražiós, f. gražiośa, pl. gražiośe) grazioso, gentile, simpatico. Àsto vedù ke gražiós kél tośàto? hai visto come è gentile quel bambino?; okóre èse gražiós kon dùte bisogna essere cortesi con tutti.

 

Gréa sf. (top.) frazione di Domegge. Fig. e tàrde e vién do ki da Gréa è tardi e gli occhi mi si stanno chiudendo per il sonno. Il piccolo paese di Grea si trova poco sopra Vallesella di Cadore, in posizione dominante sulla valle e sul lago di Centro Cadore.

 

grédo sm. (inv.) grezzo, appena abbozzato, primo strato di malta sulla parete. Ñànte se dà l grédo e daspò l lìs prima si dà la malta grossa e poi quella fine; sto laóro l e nkóra grédo questo lavoro è appena incominciato.

 

grédo  agg. (pl. gréde, f. gréda) rozzo, incivile. Fig. kél là e sènpre stòu grédo quello è sempre stato rozzo.

 

greèr, grièr sm. (inv.) gregario. Màstro greèr mastro gregario, pastore di capre e di féde stérpe cioè di pecore sterili. L màstro greèr e bèlo dù su a Mónte pa l istàde il pastore delle capre è ormai salito a Pian dei Buoi per la stagione estiva (v. kavièr, čaurèi).

 

gréspa sf. (pl. gréspe) increspatura. Kéla karpéta e piéna de gréspe quella sottana è piena di increspature.

 

grévo agg. (pl. gréve, f. gréva) pesante, oneroso. L e grévo parkè l a i sò ane si muove a fatica perché è ormai vecchio; pì te màñe e pì te devènte grévo più mangi e più ti appesantisci.

 

grì sm. (inv.) grillo (zool. Gryllus campestris). Al sàuta kóme n grì salta come un grillo, si muove con molta agilità; al čànta kóme n grì ha una bella voce argentina; te ses màgro kóme n grì sei magro come un grillo; prov. làsa ke l grì čànte, ma tu fèi kóme la formìa lascia il poltrone nell'ozio, ma tu lavora e risparmia come fa una formica.

 

grìfo sm. (pl. grìfe) ramponi, chiodi per scarpe. I ramponi di solito sono a sei punte e vengono fissati sotto le scarpe con le cinghie. I ramponi permettono di camminare tranquillamente sul ghiaccio, o di lavorare camminando sui tronchi senza scivolare. Se te vas a strožà tae, bétete su i grìfe se vai a trascinare i tronchi, mettiti i ramponi sotto le scarpe; ka okoraràe i grìfe qui ci sarebbe bisogno dei ramponi (v. feréte).

 

gringolà vb. trans. (gringoléo; gringolèo; gringolòu) divertirsi, spassarsela. Kél tośàto e solo bon de gringolà quel ragazzo è capace solo di divertirsi.

 

grìnta sf. (pl. grìnte) grinta, muso duro, fig. lena, vigoria. Te as na grìnta ke te me fàs paùra hai una grinta che mi spaventa; al laóra ko na grìnta móstra lavora con un vigore straordinario.

 

grìpia sf. (pl. grìpie) mangiatoia, greppia. Bìča n tìn de fién nte la grìpia butta un po' di fieno nella mangiatoia; la grìpia e piena de bróse, nétela ntin fòra la mangiatoia è piena di rimasugli, puliscila un po'; adès vado a grìpia ora vado a casa a mangiare.

 

grìs agg. (pl. grìs, f. grìśa, pl. grìśe) grigio, ceruleo negli occhi. Te as bèlo i čavéi grìs hai ormai i capelli grigi; al grìs va su dùto il color grigio si accompagna ad ogni altra tinta, in senso fig. un uomo ormai brizzolato può sposare sia una donna giovane che una donna anziana; vàrda ke biéi òče grìs guarda che begli occhi cerulei.

 

grìśol sm. (pl. grìśoi) brivido. Veñì i grìśoi rabbrividire per la paura; avé i grìśoi pa la fióra avere i brividi per la febbre.

 

griśolà vb. intr. (griśoléo; griśolèo; griśolòu) rabbrividire, battere i denti per il freddo. Siénte kóme ke l griśoléa senti come batte i denti; al se griśoléa il cielo comincia ad annuvolarsi, quando cioè il cielo si copre di nuvole velate (v. śgriśolà).

 

grìžola sf. (pl. grìžole) solletico, smania. No sta točàme parkè èi le grìžole non toccarmi perché soffro di solletico; kuàn ke te siénte sonà, te vien alòlo le grìžole sóte i pès quando senti suonare sei subito preso della smania di ballare; fèi grìžole fare il solletico (v. kòte).

 

grižolós agg. (pl. grižolós, f. grižolóśa, pl. grižolóśe) persona che soffre il solletico. Èse grižolós sentire il solletico al minimo contatto.

 

grondà sf. (pl. i grondà) il primo listello dello sporto del tetto vicino alla grondaia.

 

grópa sf. (pl. grópe) groppa, schiena. Mónteme su la grópa fammi salire sulla schiena; l a dùta la faméa su la grópa ha tutta la famiglia a carico; kuànte àne àsto bèlo su la grópa? quanto vecchio sei?

 

grópo sm. (pl. grópe) nodo, fig. dolore. Prov. ki fa e ki desfà i grópe c'è chi combina i guai e chi deve ripararli; n àutro grópo konpài e krèpo un altro attacco di dolore come questo, e muoio; na bréa piéna de grópe un'asse piena di nodi; prov. ki ke no fa l grópo, pèrde l pónto chi non si ferma al momento giusto, perde tutto ciò che ha acquistato fino a quel momento; par no deśmenteàme, fàžo n grópo nte l fažoléto per ricordarmi faccio un nodo al fazzoletto; èi n grópo sul stómego ho il magone, ho un peso allo stomaco.

 

gropolós agg. (pl. gropolós, f. gropolóśa, pl. gropolóśe) nodoso. No sta dorà sta bréa parkè l e màsa gropolóśa e no se puó pianàla polìto non adoperare quest'asse, perché ha troppi nodi e non si può piallare bene.

 

gropón sm. (pl. gropói) groppa. Tòle n òta kél tośàto sul gropón ke l e stràko prendi il bambino sulla schiena che è stanco.

 

gròs agg. (pl. gròs, f. gròsa, pl. gròse) grosso. Sta spìna e màsa gròsa e no te puós skavažàla questo ramo secco è troppo grosso e non puoi spezzarlo; l e bèlo gròsa è ormai sul punto di partorire; tu tìra su l pì gròs e ió tirarèi su l fin tu rastrella la parte più voluminosa del fieno ed io completerò rastrellando quello che rimane; te me l as fàta gròsa me l'hai combinata grossa.

 

grosolàn agg. (pl. grosolàne, f. grosolàna) grossolano, volgare. Kuàn ke la pàrla l e pròpio grosolàna quando parla è proprio volgare; par fèi kanevàže bàsta téla grosolàna per fare strofinacci è sufficiente una tela grossolana.

 

grosùre sf. (solo pl.) erbacce che crescono in terreni umidi e concimati. Si tratta di un'erba che cresce su terreno incolto e grasso, quindi anche sui mucchi del letame. Séa via kele grosùre e bìčele da na parte ké le vàče no le màñe falcia quelle erbacce e mettile da parte perché le mucche non le mangino; Ntórno l órto e n mùčo de grosùre attorno all'orto è pieno di erbacce.

 

grùmo sm. (pl. grùme) mucchio, molto. N grùmo de tèra un mucchio di terra; n grùmo de... molto, molti; n grùmo de skèi molto denaro; n grùmo de śbòger molti ragazzi, molti figli; kuànto bén me vósto?, n grùmo quanto bene mi vuoi?, molto (v. mùčo).

grùp sm. (inv.) difterite. Il termine deriva dal francese croup, difterite. Tién a čàśa tóa i tó tośàte parkè mé fiól a čapòu l grùp tieni a casa tua i tuoi figli, perché il mio si è ammalato di difterite, così evitano il contagio.

 

guà vb. trans. (gùo; guèo; guòu) arrotare, affilare. Guà la fàu, l gortèl, la fòrfis affilare la falce, il coltello, le forbici (v. gužà).

 

guàda sf. (pl. guàde) affilatura, fig. imbroglio, inganno. Dài na bòna guàda a kéla fàu se te vós ke la tae affila bene quella falce se vuoi che tagli; èi čapòu pì de na guàda da kél pelandrón sono stato imbrogliato più volte da quel malandrino (v. gužàda).

 

guadañà, guadañàse vb. trans. e rifl. (guadañéo, guadàño; guadañèo; guadañòu) guadagnare. Guadañàse l paradìs guadagnarsi il paradiso.

 

gualdràpa sf. (pl. gualdràpe) coperta, gualdrappa. Èi debeśuói de na gualdràpa da béte su l čavàl mi serve una gualdrappa da mettere sul cavallo (v. śgualdràpa).

 

gualità sf. (inv.) qualità, specie. Ke gualità de faśuói àsto semenòu stan? quale varietà di fagioli hai seminato quest'anno?

 

gualìu, gualìvo agg. (pl. gualìve, f. gualìva) livellato, uguale, uniforme. Vàrda ke gualìve ke e kéle ère guarda come sono ben livellate quelle aiuole; okóre ke i pónte sée gualìve se nò i stoméa bisogna che i punti della cucitura siano tutti uniformi, altrimenti stonano; prov. i déide de la màn no e mài gualìve le dita della mano non sono tutte uguali, a questo mondo ciascuno ha qualcosa di diverso dagli altri (v. deśgualìu).

 

guantà vb. trans. (guànto; guantèo; guantòu) agguantare, afferrare. Bàsta ślongà la màn par guantà kél ke se vó basta allungare la mano per afferrare quello che si vuole.

 

guantiéra sf. (pl. guantiére) vassoio. Al dì de nkuói dùte dòra la guantiéra al giorno d'oggi in tutte le case si adopera il vassoio.

 

guànto sm. (pl. guànte) guanto. Guànte de làna, de pèl, de pèža guanti di lana, di pelle, di stoffa (v. manéža).

 

guàrdia sf. (pl. guàrdie) guardia comunale, guardia boschi. Se te vas a folpeà l èrba de le vàre, la guàrdia te fa la mùlta se vai a calpestare l'erba della campagna, la guardia comunale ti fa la multa; biśòña fèi la guàrdia a le tóśe parkè no le se stràvie bisogna tenere sotto controllo le ragazze, perché non vadano alla perdizione; bòna guàrdia era la guardia incaricata di controllare che in paese non scoppiassero incendi, girava di notte accompagnata da una seconda guardia.

 

guarì, guarìse vb. trans. e rifl. (guarìso; guarìo; guarìu) guarire, sanare, cicatrizzare. Sésto bèlo guarìu? sei già guarito?; élo bèlo guarìu l tai? si è già cicatrizzato il taglio?; vàrda de guarì présto cerca di rimetterti presto; prov. la mòrte guarìse dùte i mai la morte guarisce tutti i mali.

 

gùča sf. (pl. gùče) maglietta intima di lana. Siénte ke frédo, e óra de tiràse su la gùča senti che freddo, è ora di indossare la maglia. La gùča è la maglietta intima, maglia si dice màia e maglione maión.

 

guèra sf. (pl. guère) guerra, lotta, disaccordo. Durànte la guèra avón mañòu de dùto durante la guerra abbiamo mangiato di tutto; nte sta čàśa e sènpre guèra tra fardiéi in questa casa i fratelli sono sempre in disaccordo; to pàre me a sènpre fàto la guèra tuo padre mi è sempre stato ostile.

 

guèra , uèra sf. (pl. guère, uère) vite. In montagna le viti riescono a crescere solo lungo i muri di casa esposti al sole; è difficile che l'uva arrivi a maturazione, anche se, perché maturino più velocemente, in autunno vengono tolte le foglie ai grappoli e gli acini rimangono esposti completamente al sole. Su pa la čàśa de nène Bèta e na guèra ke fa ua tànto bòna sulla casa di zia Elisabetta cresce un'uva molto buona (v. uèra).

 

guernà, guarnà vb. trans. (guérno; guernèo; guernòu) governare il bestiame, assistere una persona. Dì a guernà andare a governare le mucche; kel puóro vèčo a debeśuói de èse sènpre guernòu quel povero vecchio ha bisogno di essere assistito in tutto; prov. l òčo del parón guèrna l čavàl l'occhio del padrone nutre il cavallo, ovvero è solo il padrone che riesce a capire veramente le sue bestie.

 

guśèla sf. (pl. guśèle) ago. Al ku de la guśèla la cruna dell'ago; guśèla da skarpéte ago grosso per cucire con lo spago i skarpéte; guśèla da làna, da filo ago con la cruna grande e con la cruna piccola; se no te dòre l dedàl, te te pónde ko la guśèla se non adoperi il ditale, ti pungi con l'ago (v. buśèla, dedàl, skarpéte).

 

guśilèi, guśelèi sm. (inv.) agoraio. Èi žerkòu dapardùto añó ké tó nòna a betù l guśilèi ho cercato ovunque per trovare dove tua nonna ha imbucato l'agoraio (v. buśilèi).

 

Gùsta sm. (nome) ipoc. di Augusta.

 

Gùsto sm. (nome) ipoc. di Augusto.

gùsto  sm. (pl. gùste) gusto. Òñi un a i sò gùste ciascuno ha i propri gusti; loc. mañà, laurà de gùsto mangiare, lavorare di gusto, con piacere; dùte i gùste e gùste tutti i gusti sono gusti, cioè ciascuno ha le proprie preferenze, detto specialmente quando qualcuno si comporta in modo stravagante o fa una scelta matrimoniale discutibile.

 

gustós agg. (pl. gustóśe, f. gustóśa) gustoso, piacevole. Siénte ké gustós ké e sto péro senti com'è saporita questa pera.

 

gužà vb. trans. (gùžo; gužèo; gužòu) affilare, fare la punta, fig. imbrogliare. Èi dòu al moléta la fòrfis da gužà ho dato all'arrotino la forbice da arrotare; al me a gužòu mi ha imbrogliato (v. guà).

 

gužàda sf. (pl. gužàde) affilatura, inganno. Dà na gužàda a la fàu dai un'affilata alla falce; èi čapòu na gužàda ho preso una grossa fregatura (v. guàda).

 

 

 

 

eof (ddm 02-2009)