[1] G. A., anni 69, ex boscaiolo e lavorante in segheria, Mas di Vallada, 24 febbraio 1999.
D. Cosa mangiavate e come eravate vestiti.
R. Quando ho iniziato l'attività di boscaiolo, dunque, avevo diciassette anni, ero il più giovane, il più giovane portava l'acqua e faceva la polenta. Alle undici preparavo per cuocere la polenta. Nel quarantasette, ogni boscaiolo portava il suo sacchettino di farina... Per fare la polenta utilizzavi la farina di tutti; la farina in quegli anni veniva comperata utilizzando la tessera. Ognuno portava un po' di formaggio, come companatico... Quando la polenta era cotta allora chiamavo: "dura". Dura significa che la polenta è pronta, allora i boscaioli si avvicinavano per mangiare. Prima di fare la polenta, prima delle undici, preparavo la cucina con due sassi e un palo ove appendere il paiolo; se non c'era acqua nelle vicinanze occorreva portarla da casa utilizzando un barilotto di legno.
D. Mangiavate tutti i giorni polenta.
R. Sempre polenta, mai pastasciutta, polenta sempre...
[2] F. B., anni 74, ex boscaiolo, Santo Stefano di Cadore, 13 aprile 1999.
D. Cosa mangiavate?
R. Si pranzava nel bosco, veniva un cuoco della ditta, portava il paiolo e ci preparava la polente, polenta e formaggio, non c'era altro da mangiare, non c'era lo spezzatino... Un ragazzo portava l'acqua da bere in una borraccia distribuendola a tutti gli operai. Di sera scendevamo in Casera Antola (Val Visdende) dove il cuoco ci preparava la minestra, oppure la pasta. C'erano dei periodi in cui si mangiava bene e altri in cui il cibo scarseggiava... Per esempio prendevi un chilo di formaggio in magazzino e ti doveva bastare per tutta la settimana. Prendevi il tuo pezzo, te lo portavi nel bosco e lo mangiavi con la polenta. Ognuno si portava il proprio companatico. Chi preferiva il salame prendeva il salame, chi preferiva la pancetta prendeva la pancetta, ma i più poveri mangiavano polenta e formaggio, perché il salame costava troppo.
[3] G. C., anni 80, ex boscaiolo, Selva di Cadore, 12 marzo 1999.
D. Come ci si vestiva?
R. Abiti andanti, preferibilmente quelli in tela in quanto assorbono meno la resina che esce dopo aver tolto la corteccia ad un tronco. Questa è particolarmente abbondante in primavera, quando le piante sono in piena attività vegetativa, e fa divenire l'indumento rigido come un bastone.
D. Lunghe sino al ginocchio?
R. Sì, sì, lunghe, non alla "zuava", al ginocchio le portavamo poche volte in quanto i calzettoni erano poco pratici, si riempivano di aghi ecc.
D. Pantaloni lunghi dunque?
R. Certamente, e soprattutto di tela in quanto anche i rami scivolano via più facilmente, se invece erano di stoffa, era più facile romperle. Come giacca era indifferente in quanto lavorando non la s'indossava.
D. Camicie, si rimaneva in camicia?
R. Camicie, sicuramente camicie, anche se succedeva spesso impigliandosi di strapparle.
D. Come scarpe?
R. Scarpe con i ferri.
D. Sempre in qualunque stagione?
R. In qualunque stagione scarpe con i ramponi, nel bosco è quasi d'obbligo usare scarpe con i ferri, perché servono quando si sale su un albero (abbattuto), su un tronco scortecciato ed altre cose, insoma, si usavano le scarpe con i ferri. Successivamente qualcuno ha iniziato ad usare scarpe senza i ferri però non sono molto appropriate, soprattutto se il terreno è bagnato si va sovente con i piedi all'aria, comprendi, invece con le scarpe ferrate si piantano i ferri e si rimane in piedi, insomma.
D. Sul capo qualche cappellaccio?
R. Sì, sì, berretti vecchi.