Il lavoro nei boschi.
La tradizione ladina dell'Alto Bellunese.

Il controllo dei boschi ed il sistema di confinazione.

Il controllo dei boschi era effettuato quotidianamente dalla guardie boschive, guardie, dipendenti dai Comuni o dai Consorzi Forestali creati apposta dagli organismi Regolieri, e numericamente variabili in virtù dell'estensione del loro patrimonio boschivo.

Trascorrendo l'intera giornata lavorativa nei boschi, essi possedevano una conoscenza minuziosa del territorio di loro competenza, tanto dal punto di vista morfologico quanto da quello puramente biologico ed ambientale, fino a ricordare perfettamente le caratteristiche di ogni singola entità boschiva, tutte le specie di piante presenti e, ai più attenti, perfino la loro disposizione all'interno delle diverse particelle.

Durante la stagione dei tagli, visitavano a rotazione tutte le squadre di boscaioli impegnati, ben consapevoli che la fase di abbattimento era, fra tutte, quella in cui si arrecavano i danni maggiori, sia per l'oggettiva difficoltà del lavoro, sia per l'imperizia e la sommarietà con la quale operavano alcuni tagliaboschi.

Un loro compito era anche quello si sostituire annualmente i paletti di legno rotti o marcescenti che venivano utilizzati per l'identificazione dei confini, confine/confins, delle diverse proprietà boschive. Ogni Regola e Comune distingueva i propri paletti evidenziandoli con un particolare colore, e incidendovi il proprio simbolo con il fer da signé/fer dal toc. Spesso a questi si preferivano delle grosse pietre emergenti dal terreno, anch'esse dipinte, che assicuravano la stabilità delle linee di confine in quanto difficilmente traslabili. I paletti, generalmente di legno di larice, venivano piantati in coppia lungo il perimetro delle proprietà, ad una distanza variabile in funzione delle caratteristiche selvicolturali delle diverse aree boscate ed in particolare della loro densità, e totalmente ridipinti ad ogni revisione del piano economico. Le piante, che si trovavano in prossimità delle linee di confine, venivano inoltre marcate con il raschietto incidendovi le marele. Di loro competenza era anche la suddivisione dei cascami in quote di legnatico, colnel/colenel/partida/part, che venivano annualmente assegnate alla popolazione.

Partecipavano a tutte le attività concernenti il taglio degli alberi, dalla segnatura dei confini delle particelle al cavallettamento delle piante presenti, dalla martellata al rilievo dei danni cagionati, dalla misurazione del legname al suo esbosco. Erano insomma i tutori delle attività che si svolgevano all'interno dei boschi, godendo del rispetto e di una sorta di timore reverenziale da parte della popolazione, che confidava pienamente nella loro opera di vigilanza per il mantenimento e l'integrità del patrimonio boschivo collettivo.

L'autorità competente nel campo dei tagli dei boschi era però il Corpo Forestale dello Stato che, mediante il proprio personale, dirigeva e controllava le operazioni selvicolturali. Le guardie forestali avevano mansioni analoghe alle guardie boschive ma, a differenza di questi che in genere erano locali, non venivano accettati di buon grado, sia perché forestieri sia per le cospicue multe che spesso praticavano.

L'ispettore forestale aveva invece il compito si eseguire il collaudo della tagliata, verificando che le piante abbattute fossero state precedentemente martellate e viceversa. A volte, infatti, capitava che i boscaioli non si accorgessero di certe piante martellate poste in zone più defilate rispetto alle altre e che fossero costretti a tagliarne alcune non martellate per procedere con il lavoro. L'ispettore si aggirava sulle particelle verificando l'operato e segnando su un taccuino le irregolarità e i danni provocati durante i lavori, distinguendoli in evitabili e non, e redigendo successivamente i verbali con l'ammontare delle eventuali sanzioni amministrative che dovevano essere pagate dall'esecutore dei lavori.


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